Dopo il Nazareno Quale strategia possibile per Forza Italia Cosa resta dopo il Nazareno, è il titolo scelto dal quotidiano “il Foglio”, grande sponsor dell’intesa fra Renzi e Berlusconi e che ora sembra essere sul punto di andare letteralmente in frantumi. Agli atti le dimissioni di Francesco Paolo Sisto, presidente della commissione da relatore delle riforme istituzionali a Montecitorio. Lo ha comunicato lui stesso all’Aula della Camera. Sisto si è dimesso “con il dolore profondo del giurista cui viene data l’occasione di riscrivere la Costituzione, ma con la coerenza di una appartenenza a un partito senza opportunismi”. Un richiamo al senso di responsabilità in quanto Forza Italia ha partecipato “ad un’intesa innaturale con il Pd”. Ad ascoltarlo si è compiuto un triplo salto mortale per cui una cooperazione sulle riforme “non rinnegasse il passato”, “non cancellasse il presente” e non precludesse nemmeno il futuro. Ora che questo accordo è saltato Fi si ritiene libera e non si rassegna alla delusione. Cosa poi voglia fare davvero Forza Italia non si sa esattamente. Brunetta ad esempio che è da sempre sul piede di guerra, ha subito detto che faremo di tutto per rallentare le riforme. Che non è proprio una posizione vincente, in quanto Forza Italia per prima teneva alla sua patente di forza riformatrice del sistema e dall’intesa con Renzi si troverebbe catapultata in braccio a Bersani, Civati e magari pure a Corradino Mineo. Lo stesso Berlusconi che ha denunciato il rischio autoritario, rischierebbe lui di trovarsi insieme alla congrega di professoroni raccolti dal Fatto, tipo Zagrebelsky e Rodotà. Piuttosto si comprende la voglia di far saltare tutto e puntare, come già si è scritto alle elezioni a maggio. Renzi le vincerebbe ma senza disporre di un premio di maggioranza, perché il voto avverrebbe con la legge prevista dalla Consulta, ovvero un proporzionale puro, al massimo con una soglia di sbarramento. Forza Italia non sarebbe costretta all’alleanza con Salvini, che è come dire con Le Pen, e eviterebbe Alfano che per Daniela Santanchè è semplicemente “un traditore”. Anche se il partito di Berlusconi viene dato in picchiata nei sondaggi, sappiamo quali formidabili risorse Berlusconi è capace di disporre in campagna elettorale. Con il solo 15% in un sistema proporzionale sarebbe in grado di assumere quel profilo di ago della bilancia che aveva già avuto Craxi in tempi remoti. Poi non avrebbe nemmeno la concorrenza moderata di Scelta civica, e l’elettorato che non vuole confluire nel Pd potrebbe anche tornare all’ovile. A quel punto Renzi dovrebbe abbassare le penne perché con il suo 40 per cento, sempre che lo prendesse davvero alle politiche, non sarebbe autosufficiente. Si aprirebbe una nuova partita con Berlusconi ancora con degli assi in mano da giocare. Poi Berlusconi lo si conosce, se si tratta di scompaginare i giochi, da sempre il meglio di se stesso. Roma, 10 febbraio 2015 |